Con la fine delle sospensioni da pandemia, raddoppiano le aste immobiliari. Sono 74.960 gli immobili pubblicati all’asta dal primo gennaio al 30 giugno 2021. Un numero in linea con il blocco dei tribunali che ha interessato lo scorso anno e il primo semestre del 2021, comportando uno stop delle attività di vendita, di pignoramento, di liquidazione e anche di blocco dei pagamenti e di alcune pratiche già concluse e saldate. Tuttavia, nel 2022 arriveranno almeno 290 mila immobili all’asta, più del doppio dei 116.637 del 2020. Sono i numeri che emergono dal Centro studi Astasy analytics di Npls Re Solutions specializzata nei servizi di advisory strategica nel settore dei Non performing loans, i crediti deteriorati.
Effetto pandemia. «Ricordiamoci che l’impulso è stato quello di sospendere non solo le aste già attive, ma anche tutti i nuovi pignoramenti e avvii in atto negli anni precedenti», precisa Mirko Frigerio, fondatore & vicepresidente esecutivo di Npls Re Solutions. «Alla ripresa dei tribunali ci ritroviamo, quindi, con oltre 35 mila aste già attive, che nel 2020 erano state sospese a causa della pandemia, i pignoramenti bloccati a causa dei Dpcm, tutti i nuovi pignoramenti ordinari e le nuove procedure concorsuali che, a causa della crisi, troveranno il loro sfogo solo nel prossimo anno. Insomma, non possiamo che attenderci un 2022 che stimi non meno di 290 mila immobili all’asta, in un sistema che ha ancora moltissime aree di miglioramento da gestire», sottolinea Frigerio. Tuttavia il Covid-19 ha avviato un cambio di rotta nell’approccio alle aste, aumentando gli accordi tra i proprietari e i creditori.
«La pandemia ha lasciato un punto di profonda attenzione agli operatori e ai proprietari di casa all’asta. Sembra, infatti, che siano notevolmente aumentate le attività di chiusura extra-giudiziali, nate dalla volontà collaborativa di proprietario e creditore che hanno ritenuto maturo e necessario risolvere i propri problemi attraverso attività di accordo tra le parti. Sono, infatti, notevolmente aumentate», conclude Frigerio, «le chiusure procedurali per desistenza, chiuse grazie ad accordi di stralcio sul debito nato dalla volontà del debitore con l’aiuto dei nuovi professionisti del settore».
I numeri. Il valore base d’asta di tutti gli immobili pubblicati ammonta a 11 miliardi di euro, con possibilità di partecipazione con offerta minima pari a 8 miliardi di euro. Il valore medio dei beni messi all’asta asta è di 149.676,70 euro, nettamente superiore al valore medio degli anni passati (proprio a causa della mancanza in asta dei beni adibiti ad abitazione principale). La chiusura dei lavori nel 2020 ha causato il rinvio di 123 mila aste circa, con un mancato recupero di circa 8 miliardi euro. Il 30 giugno sono terminati i blocchi previsti e alla riapertura dei tribunali l’Italia all’asta si presenta in maniera disomogenea (si veda la tabella in pagina).
Sei regioni da sole occupano quasi il 55% delle aste in Italia. La Lombardia conta per il 16,32%, la Sicilia per il 9,68%, l’Emilia Romagna per il 7,54%, il Lazio per il 7,51%, la Toscana per il 6,90% e il Veneto per il 6,73%. A finire in asta sono state unità residenziali e autorimesse per la maggior parte dei casi (49%). A seguire troviamo gli edifici industriali con il 21%, terreni edificabili e agricoli per il 12%, negozi per il 4%, uffici per il 3%, cantieri non ultimati per l’1% e hotel per lo 0,5%.
Le procedure. A causa delle misure Covid, sono stati bloccati i nuovi pignoramenti e sospese le aste con immobili residenziali abitati, le procedure concorsuali, quindi, si sono guadagnate una importante fetta delle vendite coattive. Normalmente, il mercato delle «esecuzioni immobiliari» segna una netta maggioranza che sfiora il 75% ma, in tempi di pandemia e di aste bloccate, le «procedure concorsuali» hanno accelerato allargandosi di un terzo rispetto alla normalità. Si definiscono «esecuzioni immobiliari», che hanno rappresentato il 65% del mercato, tutte quelle procedure alla cui base è stato trascritto un pignoramento immobiliare, che porta alla vendita coattiva dell’immobile, di proprietà della persona fisica o giuridica. Le «procedure concorsuali», invece, con il 32% del mercato, sono tutte quelle vendite che fanno capo a fallimenti, concordati preventivi, ristrutturazioni del debito, liquidazioni coatte amministrative. Infine, le restanti, che contano il 3%, sono tutte quelle procedure di divisione giudiziale tra coniugi o cause civili che, pur passando dalla vendita all’asta, non configurano pignoramento o fallimento.
I tribunali. Durante la pandemia, alcuni tribunali hanno continuato senza sosta a lavorare sulle procedure concorsuali. È il caso delle sezioni fallimentari dei tribunali emiliani, veneti e lombardi che non si sono mai fermati. L’Emilia-Romagna, con il 41% di attività concorsuale, crea un record che da anni non si vedeva, insieme ai tribunali veneti. Terza per efficienza concorsuale arriva la Lombardia, con capofila il tribunale di Milano (1.277 Lotti pubblicati), seguito dalla sezione fallimentare del tribunale di Bergamo (1.54 Lotti pubblicati), seguiti da Brescia e Monza. «Per le sezioni fallimentari sembra quasi non ci sia stata pandemia, ma il fatto è presto spiegato: le procedure concorsuali trattano la vendita di beni di società fallite, spesso strumentali, oppure immobili residenziali, ma non abitati perché in capo ad società immobiliari e edili, e quindi non abitati dal proprietario, cosa che invece accade nelle esecuzioni immobiliari», ha spiegato Frigerio.
fonte italiaoggi