Il risposato superstite può accedere alla casa che il defunto aveva in proprietà esclusiva o insieme alla prima moglie?
Quando una persona si sposa dopo la fine di un precedente matrimonio, ma poi il suo ex coniuge muore, cosa succede se la nuova moglie chiede di andare ad abitare, o di continuare a risiedere, nella casa che suo marito aveva in comproprietà con la precedente compagna? Per rispondere a questa frequente domanda – che provoca accesi dissidi specialmente quando vi sono figli del defunto sia con il vecchio sia con il nuovo coniuge – si tratta di vedere come funziona il diritto di abitazione per il coniuge in seconde nozze.
La legge detta una particolare disposizione per la «riserva a favore del coniuge» superstite e gli riserva il diritto di abitazione nella casa di residenza familiare, se essa era di proprietà del defunto o comune. Neppure i figli, di primo o di secondo letto, possono limitare questo diritto e dunque scacciare, ad esempio, la matrigna.
Da qui bisogna partire per esaminare cosa succede nei casi di nuovo matrimonio: il principio di fondo è che i diritti di abitazione non possono estendersi a soggetti estranei all’eredità e dunque il diritto di abitazione per il coniuge in seconde nozze è precluso quando l’immobile era in comunione tra il coniuge defunto ed altri soggetti, come ha affermato di recente anche la Corte di Cassazione [1]. Dunque a rivelarsi decisiva per fondare o meno il diritto di abitazione del coniuge superstite e risposato è l’intestazione della casa familiare.
Diritto di abitazione sulla casa familiare
Il diritto di abitazione di una casa consente al suo titolare la facoltà di «abitarla limitatamente ai bisogni suoi e della sua famiglia» [2]. Si tratta di un diritto di godimento su un bene di proprietà altrui, che dura per tutta la vita della persona in favore della quale viene disposto. È molto più di una locazione, perché non è soggetta a rinnovi o condizioni, ma è anche meno di un usufrutto, perché il titolare del diritto di abitazione non può affittare la casa ad altri.
Il diritto di abitazione sulla casa adibita a residenza familiare – che comprende anche l’uso dei mobili che la arredano – è previsto in favore del coniuge superstite in caso di morte dell’altro. Esso, però, non è automatico, ma presuppone l’appartenenza dell’immobile al defunto, in proprietà esclusiva o in comunione con il coniuge [3].
Diritto di abitazione e successioni ereditarie
Il Codice civile [4] prevede che, nella successione ereditaria, «al coniuge sono riservati i diritti di abitazione sulla casa adibita a residenza familiare e di uso sui mobili che la corredano, se di proprietà del defunto o comuni». È una disposizione specifica ed ulteriore rispetto a quella sulle normali attribuzioni patrimoniali e sulla ripartizione delle proprietà dei beni del defunto tra il coniuge e i suoi figli.
Inoltre, se il genitore si risposa, dopo essere rimasto vedovo o aver divorziato, i figli dell’ex coniuge defunto concorrono insieme a lui nella successione ereditaria, tranne che in caso di addebito della separazione – senza alcuna distinzione per il fatto che si tratti di figli di primo o di secondo letto – con le seguenti proporzioni [5]:
Per metà al nuovo coniuge e per metà all’unico figlio;
Un terzo al nuovo coniuge e due terzi ai figli, se più di uno, da ripartire tra loro in parti uguali.
Diritto di abitazione casa familiare per il nuovo coniuge
In ogni caso il diritto di abitazione sulla casa adibita a residenza della famiglia sorge, a favore del coniuge superstite, soltanto quando l’immobile era di proprietà esclusiva del coniuge defunto oppure in comproprietà tra i due primi coniugi, come nel caso della comunione dei beni. Soltanto in questo il diritto di abitazione del coniuge superstite è riconosciuto e prevale sugli altri eredi, come ad esempio i figli.
La Cassazione [1] ha escluso che il nuovo coniuge risposato possa ritenersi titolare del diritto di abitazione della casa in comunione fra l’ex coniuge defunto e la prima moglie. Il caso deciso riguardava una donna che, dopo la morte dell’ex marito, aveva chiesto di poter abitare nella casa che egli aveva intestata insieme alla prima moglie, ma la Suprema Corte non le ha riconosciuto questo diritto e ha ritenuto che l’occupazione fosse illegittima.
Nell’occasione i giudici di piazza Cavour hanno affermato che «il presupposto perché sorgano in favore del coniuge superstite i diritti di abitazione della casa adibita a residenza familiare e di uso dei mobili che la arredano è che la suddetta casa e il relativo arredamento siano di proprietà del de cuius o in comunione tra lui e il coniuge, con la conseguenza che deve negarsi la configurabilità dei suddetti diritti nell’ipotesi in cui la casa familiare sia in comunione tra il coniuge defunto ed un terzo» estraneo: e tale è, nei confronti della seconda moglie, anche la precedente moglie del suo ex marito defunto.
fonte laleggepertutti