Pur se legittima anche oltre il decennio dall’apertura della successione, alla dichiarazione testamentaria ripresentata da eredi beneficiari diversi dagli originari dichiaranti, si applicheranno disciplina e valori vigenti all’epoca dell’apertura della successione.
Sono le conclusioni che si traggono dalla sentenza n. 55/06/2021 emessa dalla Ctr del Lazio.
Tre eredi, destinatari di un avviso di liquidazione dell’imposta di successione, appellavano la sentenza di rigetto della Ctp di Roma. Col ricorso avevano rappresentato che, ad aver provveduto alla pubblicazione del testamento olografo della defunta nonna, assolvendo le relative imposte, erano stati i rispettivi genitori in una precedente dichiarazione di successione, rispetto alla quale, tuttavia, l’ufficio insisteva nel ritenere non applicabile l’agevolazione prima casa e non sufficientemente assolto ogni tributo, il quale andava parametrato al valore globale dei beni ereditati dai ricorrenti, effettivi beneficiari della successione. Mancando tuttavia il deposito in giudizio della copia della dichiarazione di successione, nemmeno allegata al ricorso, circostanza che impediva ai giudici di verificare i dati relativi al valore degli immobili dichiarati, il ricorso veniva respinto. Condivideva, il collegio, che l’operato dell’ufficio avesse preso a riferimento la normativa vigente all’epoca dell’apertura della successione e non quella in essere al momento della presentazione della dichiarazione. Di stesso avviso la Ctr: era a quel momento che andava ragguagliato il valore della successione nel suo complesso e le relative imposte applicabili, a nulla rilevando che il testamento fosse stato ritrovato e pubblicato in epoca successiva alla data di morte.

Nel decisum, il collegio laziale ha imposto all’ufficio di raffrontare i valori della successione e le relative imposte applicabili, verificando se, con l’applicazione della normativa vigente alla pubblicazione del testamento, i contribuenti avessero versato meno o più del dovuto rispetto al valore degli immobili caduti in successione e computati con riferimento agli esatti dati catastali. La rettifica dell’ufficio, pertanto, sarà stata legittima se l’utilizzo dei valori vigenti alla data della morte avrà comportato un maggior tributo dovuto, altrimenti si dovrà considerare corretta la valutazione operata dai contribuenti con l’ultima presentazione della dichiarazione. Nessun rimborso potrà spettare ai ricorrenti, poiché a versare l’eventuale maggior tributo originario erano stati soggetti diversi dagli attuali ultimi dichiaranti.

Il collegio ritiene che la normativa applicabile alla dichiarazione di successione in esame debba essere individuata in quella vigente al momento dell’apertura successione (cioè alla data della morte della de cuius, 1996). Data alla quale va riferito anche il valore degli immobili caduti in successione, nonché calcolato il valore della successione nel suo complesso e applicate, se spettanti, le relative agevolazioni e soglie di esenzione.. Non rileva quindi che il testamento della de cuius sia stato ritrovato e pubblicato in epoca lontana dalla sua morte, perché gli effetti ai fini della vocazione ereditaria non possono che essere valutati e ricondotti alla data del 1996.  Di conseguenza, a tale data va calcolato il valore dei beni caduti in successione, anche di quelli immobili. (…)

In conclusione, la dichiarazione di successione presentata nel 2016 va valutata dall’Ufficio sulla base della normativa vigente all’epoca dell’apertura della successione stessa e cioè alla data del decesso della de cuius.

Tale valutazione va fatta con riguardo sia alla normativa applicabile che quanto alle agevolazioni e soglie di esenzione. Parimenti il valore di tutti gli immobili caduti in successione va definito con riguardo a tale data. Per poter operare una eventuale rettifica del valore, l’Ufficio dovrà verificare se il valore dichiarato nel 2016 risulti, o meno, inferiore a quello che sarebbe risultato per gli stessi beni alla data di apertura della successione, utilizzando la rendita catastale. Questo perché la parte contribuente ha sostanzialmente inteso far riferimento ai valori catastali in sede di dichiarazione del 2016. Ove il valore catastale dei beni al 1996 dovesse risultare superiore a quanto dichiarato dalla parte nel 2016, l’Ufficio potrà effettuare una rettifica di valore. Altrimenti l’ufficio non potrà che attenersi al valore dichiarato dalla parte nel 2016, anche se superiore al valore catastale 1996, non avendo la parte proceduto a una rettifica, come avrebbe potuto ben fare prima dell’accertamento stesso. Nel ricalcolo non dovranno essere applicate sanzioni, stante la natura giustificabile dell’errore della parte. Le precedenti dichiarazioni di successione sono state presentate da soggetti diversi.

Eventuali rimborsi agli stessi spettanti non possono essere calcolati a vantaggio degli odierni appellanti. Né gli odierni appellanti potranno beneficiare di un possibile credito in loro favore, a seguito del ricalcolo, per loro positivo, alla data del 1996, non avendo essi presentato dichiarazioni a rettifica prima dell’accertamento dell’Ufficio.(…)

fonte italiaoggi