IL CONSIGLIO DI STATO: SI TRATTA DI PERTINENZA SENZA CREAZIONE DI NUOVI VOLUMI E SUPERFICI


La pergotenda sulla terrazza non deve essere abbattuta: è infatti escluso che la struttura, un po’ arredo e un po’ pergolato, debba ottenere il permesso di costruire. E ciò perché non risulta tamponata su almeno tre lati e resta un accessorio dell’immobile; né crea nuovi volumi, alterando la sagoma e il prospetto dello stabile, che pure sorge in zona vincolata. Parliamo, infatti, di quella struttura di copertura che si distingue dalle tettoie in quanto l’opera principale è costituita non dalla struttura in sé, ma dalla tenda, quale elemento di protezione dal sole o dagli agenti atmosferici, con la conseguenza che deve qualificarsi in termini di elemento accessorio, necessario al sostegno e all’estensione della tenda. Lo conferma il Consiglio di stato con la sentenza 3393/21, pubblicata dalla sesta sezione.

Il caso. Bocciata la sentenza del Tar Lazio: insieme all’ordine di demolizione è annullata pure la sanzione di 15 mila inflitta al proprietario per le tre pergotende incriminate, due al quinto piano e un’altra al sesto, nell’immobile che si trova in uno dei più quartieri di maggiore pregio storico-artistico della Capitale. L’appello trova ingresso perché due delle strutture non sono fissate al pavimento, mentre la terza risulta ancorata al muro e al balcone. Insomma: non costituiscono nuove costruzioni, categoria nella quale rientrano invece anche manufatti leggeri, anche prefabbricati, quando vengono utilizzati come abitazioni, ambienti di lavoro, depositi o magazzini, laddove assumono una propria autonomia funzionale. Non altrettanto si può dire di gazebo, pergolati e tettoie leggere che restano pertinenze dello stabile quando non modificano il preesistente utilizzo esterno dei luoghi. Risulta dunque superfluo il titolo edilizio per la pergotenda che funge da riparo temporaneo dal sole, dalla pioggia, dal vento e dall’umidità. E quindi rende più gradevole per un maggior periodo di tempo la permanenza all’esterno dell’appartamento, senza creare sulla terrazza un ambiente in alcun modo assimilabile a quello interno: mancano infatti la necessaria stabilità, un’idonea coibentazione termica e di un adeguato isolamento dalla pioggia, dall’umidità e dalla condensa.

L’incremento di volumi e superfici, nel nostro caso, è escluso perché le tende sono retrattili: non risultano allora permanenti la copertura e la parziale chiusura perimetrale, mentre è lo stesso provvedimento del comune a riconoscere che è preesistente l’unica struttura portante di una delle pergotende, ancorata in modo stabile ai muri perimetrali dell’immobile. E senza la copertura o la tamponatura di una costruzione non si realizza la trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio. Di più: è escluso che si configuri una ristrutturazione edilizia in senso tecnico, che sussiste solo quando l’intervento trasforma gli organismi edilizi con un insieme di opere, fra cui il ripristino o la sostituzione di elementi costitutivi dell’immobile, l’eliminazione, la modifica e l’inserimento di nuovi elementi e impianti.

I precedenti. Attenzione, però: è una vera e propria pergotenda soltanto il riparo dal sole e dalle intemperie, altrimenti il permesso di costruire risulta necessario. Non può dunque essere concesso il titolo edilizio in sanatoria, avverte la sentenza 2472/20 del Tar Lombardia, all’opera che svolge una funzione non accessoria ma autonoma: va esclusa la sussistenza del mero intervento manutentivo che non richiede di essere assentito dall’amministrazione ex articolo 6, comma primo, del Testo unico per l’edilizia.

Niente da fare per la società che ha realizzato la struttura: bocciata la tesi che possa essere considerata una pergotenda, che ben può essere destinata a soddisfare esigenze non precarie, ma per venir esentata dal permesso di costruire deve possedere adeguate caratteristiche di costruzione, oltre che di funzione. La necessità del titolo edilizio può essere esclusa soltanto quando l’opera non determina la creazione o la modifica di un organismo edilizio oppure l’alterazione del prospetto o della sagoma dell’edificio. Insomma, il manufatto deve poter essere rimosso in modo agevole e completo per l’assenza di tamponature verticali: solo così, infatti, non modifica la destinazione d’uso degli spazi esterni all’immobile e si può considerare funzionale a una migliore fruizione temporanea della terrazza. Anche con il dlgs Scia 2, il decreto legislativo 222/16, rientrano d’altronde nell’edilizia libera soltanto le opere dirette a soddisfare esigenze contingenti e temporanee, che possono essere rimosse al cessare della necessità. Non resta che procedere alla demolizione. Ancora. Non va demolita la pergotenda sulla terrazza se l’opera principale, riconosce la sentenza 3370/20 del Tar Campania, è costituita dalla tenda che ripara dal sole e dagli agenti atmosferici e non dalla struttura in sé, che serve soltanto a garantire il funzionamento dell’avvolgibile. Il ricorso del proprietario viene accolto perché il provvedimento adottato dal dirigente del comune dispone in modo illegittimo la sanzione ex articolo 31 del Testo unico dell’edilizia: la struttura integra un elemento di arredo esterno, non un intervento di nuova costruzione come ritiene l’amministrazione, secondo cui le tende frontali e laterali creerebbero una vera e propria veranda, che si estende per trentacinque metri quadri con l’altezza media di due metri e mezzo. Il punto è che si tratta di una vera pergotenda quando la struttura di sostegno ha una mera funzione accessoria: nella specie i pilastrini che la mantengono e i travicelli ancorati al manufatto principale, entrambi in legno, rappresentano soltanto gli strumenti che consentono di aprire e chiudere la tenda avvolgibile. Il discorso cambia quando la struttura principale è solida e permanente, tanto da determinare un’evidente variazione di sagoma e prospetto dell’edificio. Insomma: il comune è smentito perché la demolizione scatta unicamente per interventi eseguiti senza il permesso di costruire oppure in totale o sostanziale difformità dal titolo edilizio.

Occhio, infine, alle aree vincolate. Il ristorante deve demolire la pergotenda realizzata senza l’autorizzazione paesaggistica, anche se risulta facilmente amovibile. Il titolo si rende necessario, spiega, infatti, la sentenza 1921/19 del Tar Lombardia perché la struttura si rivela «saldamente ancorata a due muri». La società che gestisce il locale pubblico dovrà abbattere la struttura di quasi ottanta metri quadrati installata per ospitare i tavoli all’aperto. E ciò perché il manufatto, così come è realizzato, non rientra fra le opere dispensate dal titolo secondo il dpr 31/2017, che pure esclude l’autorizzazione per le istallazioni esterne poste a corredo di attività commerciali o turistico-ricettive. Il punto è che nella specie il manufatto è sì un po’ tenda e un po’ pergolato, ma risulta ancorato al muro dell’edificio e a quello di confine: al primo risulta attaccato il meccanismo che aziona la tenda retrattile, al secondo sono fissati i serramenti. Risultato? Il confine fa da muro perimetrale al nuovo volume creato, mentre i serramenti assolvono la stessa funzione delle finestre: danno aria e luce all’ambiente isolandolo dall’esterno. Senza dimenticare che dai restanti due lati i moduli di vetro a scorrimento consentono la chiusura completa del locale. Insomma, alla pergotenda serve l’autorizzazione paesaggistica perché non è priva di parti in muratura, anzi utilizza come parti inscindibili le murature esistenti e ha pareti laterali ancorate al suolo in modo stabile: gli aspetti funzionali e strutturali sono strettamente complessi, mentre l’opera abusiva va valutata nel suo complesso.

Un altro ristorante, invece, può sfruttare a pieno il cortile, stabilisce la sentenza 2110/17 del Tar Lombardia, grazie al telo scorrevole in pvc che ripara i clienti dal sole e dagli agenti atmosferici. È accolto il ricorso del titolare dell’osteria contro il provvedimento del comune che stoppa il progetto. La pergotenda va considerata un mero elemento di arredo nella pertinenza del locale pubblico: i sostegni sono elementi leggeri in legno dalla sezione esigua, la copertura retrattile si apre e chiude col telecomando; insomma, non si tratta di un’opera che impone il titolo edilizio perché non comporta alcuna modifica permanente dello stato dei luoghi né una trasformazione del territorio: risulta dunque compatibile con gli strumenti urbanistici.

fonte italiaoggi