Il passaggio delle tubazioni nel sottosuolo comune richiede il consenso degli altri proprietari?

Hai deciso di far allacciare il gas metano ad un tuo immobile; però, esso è situato in un condominio ed i tubi dovrebbero passare nel sottosuolo del piazzale, che è un’area di proprietà comune. Il passaggio di tubi del gas privati nel cortile condominiale è consentito oppure richiede l’approvazione dell’assemblea e potrebbe essere vietato? Cosa succede se qualcuno si oppone?

Di questa delicata questione si è occupata una recente sentenza del tribunale di Brescia [1], al quale i condomini erano ricorsi cercando di impedire ad un singolo proprietario di installare i tubi. La loro preoccupazione era che, in questo modo, si sarebbe creata una servitù di passaggio, lesiva della proprietà comune. Ma i giudici hanno respinto questa tesi: in ambito condominiale, prevale il criterio che permette al proprietario di utilizzare le cose comuni, come il sottosuolo del cortile, quando non impedisce o limita il pari diritto degli altri.

Se si rispettano tali condizioni, i tubi del gas privati nel cortile condominiale possono passare. Vediamo più da vicino qual è la normativa da osservare in questi casi.

La servitù di metanodotto
La servitù è un vincolo imposto su un fondo – chiamato servente – per l’utilità di un altro fondo, detto dominante [1]. Un esempio classico è la servitù di passaggio, che offre la possibilità di transitare attraverso il fondo del vicino, personalmente e a piedi, oppure con automezzi o anche posando elementi fissi, come tubi, cavi ed acquedotti.

Quando la servitù è costituita, essa attribuisce un vero e proprio diritto reale, che riguarda direttamente la cosa e non chi la possiede attualmente. Perciò, la servitù è valida in favore di colui al quale è concessa ed anche di tutti i proprietari successivi di quel fondo; anche se esso verrà diviso e attribuito a persone diverse, la servitù continuerà a gravare su ognuna delle particelle frazionate.

La servitù di metanodotto si contraddistingue perché riguarda il passaggio di tubazioni, interrate nel suolo, necessarie per portare il gas alle varie unità immobiliari. Inoltre, è una servitù “non apparente”, in quanto non è immediatamente visibile e percepibile dall’esterno; si può comunque venirne a conoscenza consultando gli atti di acquisto della proprietà e la trascrizione nei pubblici registri immobiliari.

La legge non disciplina espressamente le servitù di metanodotto, ma per quelle, simili, di acquedotto afferma che «il proprietario è tenuto a dare passaggio per i suoi fondi alle acque di ogni specie che si vogliono condurre da parte di chi ha, anche solo temporaneamente, il diritto di utilizzarle per i bisogni della vita o per gli usi agrario industriali» [3].

Il metanodotto in condominio
In ambito condominiale, la creazione di una servitù di metanodotto potrebbe incontrare un ostacolo in una norma del Codice civile [4] secondo cui «la servitù concessa da uno dei comproprietari di un fondo indiviso non è costituita se non quando gli altri l’hanno anch’essi concessa unitamente o separatamente»: in altre parole, per crearla validamente occorrerebbe il consenso di tutti, all’unanimità.

Il comma successivo, però, precisa che «la concessione fatta da uno dei comproprietari, indipendentemente dagli altri, obbliga il concedente e i suoi eredi o aventi causa a non porre impedimento all’esercizio del diritto concesso». E bisogna tener presente che in un condominio chi realizza un allacciamento ad un tubo per portare il gas nel suo appartamento o negozio, facendolo passare nel sottosuolo comune, è egli stesso un comproprietario.

Per il tribunale di Brescia, già questo motivo è sufficiente per respingere l’opposizione all’allacciamento alla rete del gas avanzata da alcuni condomini (d’altronde, l’impianto che eroga la fornitura ed al quale occorre collegarsi si presume legittimo fino a prova contraria). Ma, come vedrai proseguendo nella lettura, vi è di più: c’è un argomento dirimente per consentire la facoltà di collegarsi alla rete installando i tubi necessari.

Tubi del gas in condominio
Il regime delle servitù che abbiamo esaminato sinora non è l’unica normativa applicabile, ma deve conciliarsi con la particolare regola vigente sull’uso delle cose comuni nel condominio. Il cortile è compreso tra queste ed è espressamente menzionato tra le «parti comuni dell’edificio» [5]. A tal proposito, il Codice civile dispone che «ciascun partecipante può servirsi della cosa comune, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto. A tal fine può apportare a proprie spese le modificazioni necessarie per il miglior godimento della cosa» [6].

Per i giudici bresciani è proprio questa la norma decisiva per affermare il diritto del privato a far passare i tubi nel sottosuolo del cortile. In questo caso – spiega la sentenza – il singolo condomino «si serve delle cose comuni a vantaggio del proprio piano o appartamento» e, dunque, non impone una servitù a carico del condominio, al quale egli stesso appartiene. L’importante è rispettare la destinazione del bene comune e non impedire agli altri condomini un uso paritetico.

Anche la Corte di Cassazione [7] è del medesimo orientamento, ed afferma che «il comproprietario di un cortile può porre nel sottosuolo tubature per lo scarico fognario e l’allacciamento del gas a vantaggio della propria unità immobiliare, trattandosi di un uso conforme all’art. 1102 Cod. civ. in quanto non limita, né condiziona, l’analogo uso degli altri comunisti».

fonte laleggepertutti